“Conoscerci per farci conoscere”. E’ questo il titolo della ricerca promossa da Auser Emilia Romagna e realizzata in collaborazione con Ires per conoscere più da vicino i volontari Auser della nostra regione.
L’indagine, condotta su un campione di oltre mille volontari Auser (su un totale di 11mila), mette in luce le attività realizzate (dall’accompagnamento sociale, all’attività dei nonni-vigili davanti alle scuole, alle attività ambientali,…), ma anche le caratteristiche anagrafiche, sociali, umane e relazionali dei volontari. Donne e uomini (con una leggera prevalenza della componente maschile) in larga maggioranza sopra i 55 anni d’età (82%).
Persone con una visione attenta alla dimensione collettivistica, in cui prevalgono i valori, della pace, della solidarietà e della famiglia. Come dimostra il fatto che molti volontari hanno dichiarato di vivere una situazione di disagio economico legata alla necessità di aiutare i propri figli e nipoti a costruirsi un futuro.
Ed è proprio la preoccupazione per i giovani e per la necessità di agire sulla loro condizione occupazionale uno dei temi più rilevanti emersi dalla ricerca. “C’è chi afferma che il futuro non piace ai vecchi perché non possono abitarlo – ha sottolineato il Presidente di Auser Emilia Romagna, Fausto Viviani – Noi non siamo d’accordo. Per noi il futuro è quasi più importante del presente. Non solo perché ci piacerebbe lasciare un bel ricordo, ma perché il futuro è già qui e bisogna solo decidere di occuparcene”.
Il riferimento è alla profonda evoluzione demografica in atto, che caratterizza l’intero paese e la nostra regione in modo particolare. Un quadro messo in luce nel primo capitolo della ricerca dove si evidenzia la progressiva incidenza della popolazione anziana rispetto al totale della popolazione emiliano-romagnola (che ha raggiunto il 23,6% nel 2016) e l’aumento fortissimo degli ultraottantenni che rappresentano oggi circa il 9% della popolazione. Proiezioni che, per contro, segnalano una crescente difficoltà delle giovani generazioni a sostituire quelle più anziane, con evidenti ripercussioni sulla platea di potenziali lavoratori, ma soprattutto sulla sostenibilità di uno scenario caratterizzato sempre più da grandi anziani, spesso soli, con reti familiari sciolte o allentate dalla crisi.