Quando si programma una gita in una città lontana, spesso ci si informa di quali musei si potrebbero visitare. Capita, così, di conoscere tanti musei lontani dalle nostre case e di non sapere che proprio a due passi da noi esistono preziose raccolte museali, che non solo ci mostrano degli oggetti, ma ci permettono di vedere in noi stessi tramite quegli oggetti. È il caso del Museo della Civiltà contadina dell’Appennino e del Piccolo museo dell’Emigrante, situati a Monghidoro. Nel primo, inaugurato nel 2000, sono ricreati alcuni ambienti esistenti nel nostro territorio fino agli anni ’50 del secolo scorso: una cucina con il camino e una serie di utensili, una camera da letto, una classe di scuola elementare, alcuni ambienti di lavoro. Nel secondo, inaugurato nel 2015, è possibile ripercorrere la storia dell’emigrazione italiana dal 1875 ad oggi, con documenti che raccontano di tanti uomini e donne monghidoresi che, per motivi di lavoro o politici, hanno dovuto abbandonare il loro paese, verso il Belgio, la Germania e la Francia, spesso per essere sfruttati nelle cave di porfido o nelle miniere di carbone.
“Il primo museo – racconta Vittoria Comellini, volontaria Auser – nasce dalla volontà di alcuni abitanti di Monghidoro, sotto la guida dei coniugi Mirella Martelli e Roberto Bevilacqua, che ne curarono poi l’allestimento; il secondo museo, invece, nato grazie al sostegno di Auser Bologna, è uno spazio espositivo con tutti i documenti, le interviste e gli oggetti degli emigrati monghidoresi che ho raccolto negli anni. A oggi, inoltre, siamo una quindicina di volontari Auser che ci occupiamo della gestione e dell’apertura di entrambi i musei”. I musei sono visitati da adulti e bambini, e offrono tanti spunti per insegnare e lasciare un segno sul fenomeno delle migrazioni, all’ordine del giorno delle agende politiche.
“Le visite sono sempre emozionanti – prosegue Comellini. Ogni due anni, durante il periodo di gemellaggio con Rebecq, città belga dove sono emigrati il maggior numero di monghidoresi, ci vengono a trovare figli e nipoti di persone che sono partite, e si commuovono quando rivedono gli oggetti dei loro parenti, magari gli zoccoli con cui i loro genitori andavano a lavorare nelle cave. Per i bambini è forse più interessante la visita al Museo della Civiltà contadina, perché scoprono come vivevano i nonni, ma entrambi i musei sono molto emozionanti ad esempio per i bimbi stranieri, che negli attrezzi di una volta riconoscono gli attrezzi che si usano ancora al loro Paese di provenienza; quando poi salgono al piano di sopra, al Museo dell’Emigrante, trovano anche tanti oggetti degli immigrati arrivati fino a Monghidoro da tanti paesi del mondo: c’è una valigia per terra con vestiti di vari Paesi, e ciabattine pakistane, giornali arabi… e i bimbi stranieri possono dire ‘Questo c’è anche a casa mia’. L’obiettivo del museo è ricordare che anche noi siamo stati un popolo di emigranti e comprendere la difficile realtà delle persone che oggi sono costrette a migrare nel nostro Paese”.
Per conoscere meglio i musei e gli orari di apertura: https://museimonghidoro.it