di Stefania Irti
Penso che questa pandemia ci ha dato del tempo e delle condizioni di vita quotidiana, che hanno stimolato riflessioni di varia natura, su di noi, sui nostri cari e sul mondo che ci circonda.
A me hanno fatto molta compagnia i due seguenti pensieri:
1) il forzato isolamento sta producendo nuove insicurezze; alle barriere architettoniche si sono aggiunte quelle relazionali aggravate da reti di telecomunicazione e connessioni inadeguate;
2) gran parte delle strutture residenziali per anziani ha mostrato una grave debolezza organizzativa.
Molti hanno parlato, a ragione, di città da rifare anche a misura di anziani.
Ecco; anche io ho un sogno: quello di poter assistere a sostanziali cambiamenti nel modo dell’abitare, grazie proprio all’accelerazione di alcuni processi da tempo in atto in tal senso, accelerazione prodotta dalla recente pandemia. Personalmente durante il mio forzato isolamento mi sono sentita molto privilegiata per le condizioni in cui l’ho trascorso. Abito in una corte colonica, siamo sette nuclei familiari; io vivo sola, sono la più anziana e poco prima della pandemia avevo avuto un infarto.
Vi assicuro che se non avessi avuto impellente la preoccupazione per le persone colpite dal male e la sensazione della crisi economica e sociale incombente, avrei il ricordo di giorni piacevolissimi.
Penso proprio che è arrivato il momento di accelerare le riflessioni sulle nuove forme dell’abitare, urgono approfondimenti in tal senso con dati e riflessioni. Questo argomento interessa, a mio parere, le persone di tutte le età non solo noi anziani, che, comunque, vorremmo essere eventualmente curati e accuditi, restando nelle nostre case.
La riprogettazione deve ripensare non solo le abitazioni, ma anche tutti gli spazi esterni, attingendo ad esperienze già realizzate, come, ad esempio, a quelle rappresentate nel convegno organizzato a Bologna il 14 novembre 2019 da Auser Emilia Romagna su “ longevità e forme di abitare solidale” https://auseremiliaromagna.it/2454-2/