di Lidia Ravera

Nel 2032 avrò ottant’anni.
No, nel 2032, avremo, in tante e in tanti, ottant’anni.
Nessuno oserà più alludere ad un ipotetico calo della memoria della lucidità della libido. Avere ottant’anni sarà normale come averne trenta o cinquantasei.
I capelli si porteranno grigi o rosa o blu. Sia a vent’anni che a cento.
Invecchiare è un’avventura individuale, deliziosamente personale e privata. Non ci sono due persone che invecchiano nello stesso modo.
Nel 2032 invecchiare sarà quello che è: uno sviluppo del crescere. Una continuazione.
Si nasce si cresce si invecchia si declina rapidamente e tardi, quindi serenamente si muore. Nel 2032, avendo ottant’anni, correrò un giorno sì e un giorno no da 55 anni.
Vincerò la categoria nelle 10 chilometri (gli over 80), ma non correrò più le mezze maratone. Correranno tutte le ottantenni e molte novantenni e parecchie centenarie, perché saranno donne che hanno capito la centralità dell’esercizio fisico in tempo, e si sono regolate di conseguenza.
Nel 2032 le persone vecchie non saranno invisibili: è difficile non vedere un battaglione rumoroso allegro e schierato contro gli stereotipi, pronto a impallinare chi ancora osa affidarsi a frasi automatiche, luoghi comuni, pigrizie mentali.
Nel 2032 la famiglia sarà definitivamente dissolta.
Figli, e figli dei figli, e figli dei figli dei figli, vivranno dove vogliono, noi ottantenni vivremo in ampie comunità con servizi centralizzati. Ciascuno a casa sua, ma vicino agli altri. La solitudine sarà una scelta e un privilegio, non una condanna o una vergogna: oggi voglio starmene un po’ da sola. A leggere, a pensare, a scrivere, a suonare, a dipingere, a sognare ad occhi aperti (o chiusi) a ricaricare la mente e l’anima con la meditazioni o lo studio.
Domani voglio stare con gli altri.
E siamo tanti e c’è sempre qualcuno che vuole stare con me. Perché non abbiamo smesso di desiderare.
Desideriamo ancora, perciò siamo ancora desiderati/e.

Ci saranno gruppi di conversazione, ci saranno gruppi di autoanalisi (se qualcuno cade in depressione gli si dà una mano), ci saranno gruppi per i renitenti all’invecchiare tipo alcolisti anonimi ( basta ammettere di avere il problema e la comunità ti sostiene).
Ci saranno biblioteche, sale da ballo, sale da concerti, teatri, palestre e piscine.
Ci saranno Case del Benessere al posto degli ospedali, dove si andrà, se si vuole, per occuparsi della propria salute, non quando si è malati.
Ci saranno cicli di conferenze sulla morte per abituarci tutti all’idea che, prima o poi, moriremo.
Meglio poi che prima.
Ma soprattutto: senza paura.”