di Stefania Irti, ingegnere

La legge italiana per il superamento delle barriere architettoniche (legge n°13 del 9 gennaio 1989) entra in vigore con notevole ritardo rispetto al rapido incremento del patrimonio abitativo verificatosi in Italia a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 e proseguito fino agli anni ‘80.
Questa legge prescrive anche l’ascensore obbligatorio per gli edifici con 4 piani fuori terra e oltre.

Il censimento del 2011 rileva che in Italia il 70% degli edifici con 4 piani fuori terra e oltre è privo di ascensore.
Se si prendono in considerazione anche gli edifici di tre piani, tale percentuale aumenta e supera l’89%; l’Emilia-Romagna è in linea con il dato nazionale, la Provincia di Bologna registra un valore pari all’85%, mentre a Bologna città “solo” il 73% ne è carente.

La tabella che segue contiene tutte le cifre al riguardo, in forma di numeri assoluti e in percentuale

Questo dato risulta particolarmente sensibile se accostato alle previsioni di allungamento della vita media; con molta probabilità entro il 2040 in Emilia Romagna e a Bologna una persona su tre sarà anziana.

Avere, ad esempio, 80 anni e oltre e abitare al terzo piano di una casa senza ascensore può limitare sensibilmente la vita sociale di un individuo, pur se privo di particolari problemi di mobilità. Anche gli interventi di assistenza alle persone anziane o con difficoltà motorie sono, in questi casi, più problematici e difficoltosi.

La buona notizia è che nel 2018 è stato rifinanziato dopo 14 anni il Fondo Nazionale per l’abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici civili; trattasi di 180 milioni di euro di cui 29 per l’Emilia Romagna, da spendere tra il 2017 e il 2020.

A questa segue la decisione della Regione Emilia Romagna di stanziare 2 milioni di euro nel 2018, riconfermati nel 2019, per dotare di ascensori le case di edilizia residenziale pubblica (Erp). Gli edifici Erp in Regione sono 6571 costruiti mediamente 45 anni fa e in gran parte sprovvisti di ascensori. I Comuni, proprietari degli alloggi, potranno usufruire del contributo regionale fino all’80% del costo delle opere di adeguamento.
Si spera, pertanto, che nell’immediato futuro riprendano gli investimenti per dotare di ascensore gli edifici che ne sono carenti.

Gli impianti di nuova generazione, siano essi ascensori o piattaforme elevatrici, offrono molte soluzioni adattabili alla maggior parte dei fabbricati esistenti, nel rispetto della legislazione vigente che stabilisce, tra l’altro, le dimensioni minime

  • per il vano tecnico: metri 1.35x metri 1.55
  • per la cabine: metri 0.80x metri 1.20

Il costo di installazione è molto variabile anche in dipendenza delle opere murarie da realizzare. In alcuni casi, ad esempio, può essere risolutiva la riduzione della larghezza delle scale, allo scopo di ricavare il vano tecnico per l’ascensore/ cabina elevatrice. Per motivi di sicurezza legati anche a situazioni di emergenza, la normativa vigente fissa inderogabilmente in cm 90 la misura minima per la larghezza delle scale.
Mediamente si può considerare che il costo di installazione di un impianto elevatore si aggira intorno ai 60.000/70.000 euro per un condominio di 4 piani (10/12 appartamenti).

Il già citato rifinanziamento del Fondo Nazionale per l’abbattimento delle barriere architettoniche è finalizzato anche all’adeguamento delle abitazioni, degli edifici condominiali e relativi spazi esterni in un’ottica di miglioramento, anche per gli anziani, della qualità della vita e della sicurezza di tutti gli spazi abitativi.

Si riportano di seguito, a titolo di esempio, alcune tipologie di intervento in tal senso:

  • il ricorso alla domotica e alla conseguente gestione integrata di impianti tecnici e informatici;
  • la domiciliarità teleassistita;
  • l’allargamento di porte e portoni;
  • l’eliminazione o la riduzione di tutti i dislivelli anche tra interno ed esterno, ricorrendo, ad esempio, a rampe inclinate oppure incassando a pavimento le soglie di porte-finestra;
  • l’adozione di maniglioni e corrimano in posti strategici, di luci notturne nei corridoi, di pavimenti antisdrucciolo.

In sintesi: tutti gli adeguamenti atti a supportare limitazioni di movimento, vista, udito e memoria.

In fase progettuale è importante tener conto della modularità degli spazi abitativi in conseguenza della probabile futura contrazione dimensionale dei nuclei familiari, mentre nei casi di ristrutturazione di edifici esistenti bisogna anche adeguare le dimensioni e le caratteristiche dei servizi igienici (ad esempio il piano doccia a livello di pavimento).

L’eliminazione delle barriere architettoniche è un primo passo per superare le barriere relazionali. Questo tipo di interventi acquista maggiore senso e maggior valore se diviene parte di un più ampio contesto di innovazione sociale, mobilità sostenibile e innovazioni tecnologiche.

L’abitare collaborativo (cohousing) può essere una delle innovazioni in tal senso; l’aumento degli spazi comuni rispetto a quelli destinati alle abitazioni private, facilita la socializzazione e può generare risparmio nei costi di gestione.

Il cohousing richiede, però, un cambiamento culturale verso il concetto di abitazione; diminuirebbe il tempo da trascorrere in casa, gli spazi comuni possono essere utilizzati, ad esempio, per incontri, attività ludiche, dare ospitalità, a turno, ai propri amici e parenti, disporre di un alloggio per persone qualificate che, in cambio di ospitalità danno servizi ai cohousers.

Anche la presenza di negozi e uffici da proporre, questi ultimi, a quei cohousers che optano per il lavoro a distanza, ridurrebbe la mobilità a vantaggio non solo dell’ambiente, ma anche di un’armonizzazione della vita individuale, familiare e collettiva.

Prevedere formule miste di vendita e affitto degli alloggi, monitorando le età dei cohousers, può favorire l’integrazione sia sociale che intergenerazionale.

Il cohousing può diventare un nuovo modo, anche per le persone anziane, di vivere la quotidianità in uno spazio non chiuso, ma che si lega al territorio e crea connessioni col mondo esterno.

La Commissione Europea ha recentemente adottato il Programma Operativo Nazionale “Città Metropolitane 2014-2020” (Pon Metro).

Questo Programma è, come cita testualmente il sito www.ponmetro.it, “a titolarità dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, omissis, individua nelle aree urbane i territori chiave per cogliere le sfide di crescita intelligente, inclusiva e sostenibile, omissis”.

I temi del Programma sono: agenda digitale metropolitana, sostenibilità dei servizi e della mobilità urbana, efficientamento energetico, servizi e infrastrutture per l’inclusione sociale.
Le Città Metropolitane individuate sono 14: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina. Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia.
Sia la legge 13 del 1989 che il Pon Metro sono strumenti che evidenziano la volontà politica di intervenire a favore dell’inclusione sociale.

La legge italiana del 1989 per il superamento delle barriere architettoniche è stata una legge molto importante, con la quale il legislatore è intervenuto su temi che toccano profondamente aspetti di cambiamento culturale e sociale; in casi del genere i tempi di attuazione sono di sovente molto lunghi.

Il Pon Metro è già uno strumento operativo che dovrebbe avere tempi di attuazione meno lunghi. Dovremmo augurarcelo, secondo me; proviamo, infatti, a immaginare l’impatto sociale del previsto invecchiamento in Italia, almeno fino al 2040.

Personalmente mi sono persuasa, osservando me stessa e anche ascoltando i resoconti di molte riunioni di condominio, che spesso le persone anziane sono resistenti ai cambiamenti e poco fiduciose sulla possibilità di migliorare in futuro la propria autonomia. Lo dimostra, tra gli altri, il fatto che quando in un condominio si affronta l’argomento di inserire nello stabile un ascensore, sono spesso quelli “di una certa età” che si oppongono alla spesa, anche quando sono proprio loro ad abitare all’ultimo piano. Le motivazioni sono spesso legate a esigenze di sostentamento del nucleo familiare, che di sovente può contare solo sull’entrata sicura della pensione che percepisce la persona più anziana del nucleo stesso. Anche i risparmi di una vita vengono riservati per “tempi peggiori.

Proprio partendo dall’analisi dei dati Istat sulla carenza di ascensori nelle abitazioni, l’Auser Emilia Romagna ha promosso una Campagna dal titolo “L’ascensore è libertà”; ritenendo, a ragione, che specialmente per le persone anziane o con disabilità motoria, la mancanza di ascensore può essere in molti casi sinonimo di esclusione sociale.

Nell’ambito di questa Campagna, si è svolto a Bologna lo scorso anno e precisamente il 10 ottobre 2017, un Convegno che ha visto la partecipazione di molti operatori del settore, rappresentanti delle Istituzioni ed ha registrato notevole interesse tra i numerosi intervenuti.

Bibliografia

Abitare e Anziani Informa, www.abitareeanziani.it, vari numeri.Comune di Bologna, Il patrimonio abitativo bolognese privo di ascensore, Comune di Bologna, Area di   Programmazione, Controlli  e Statistica, http://www.comune.bologna.it/iperbole/piancont/Cens_Pop_2011/nota%20ascensori.pdf.

Trioschi D. (2007), Una casa su misura, Regione Emilia-Romagna, Centro Regionale Ausili di Bologna.

Lietaert M. (2007), Cohousing e condomini solidali, Firenze, Terra Nuova Edizioni.